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AVERSA DOC

Denominazione di Origine Controllata - Approvato con D.M. 31.07.1993, G.U. 188 del 12.08.1993

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Aversa D.O.C.

La denominazione di origine controllata “Aversa”, seguita dal nome del vitigno Asprinio è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Aversa Asprinio
  2. Aversa Asprinio Spumante

1. Tipologie e Uve del Vino DOC Aversa

 

  • Aversa Asprinio (Vino Bianco)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Asprinio
  • =< 15% Vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nelle province di Caserta e Napoli
  • => 10,5% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno carico, profumo intenso, fruttato, caratteristico, dal sapore secco, fresco, caratteristico.

  • Aversa Asprinio Spumante (Vino Bianco Spumante)
  • Versioni: Spumante Brut
  • = 100% Vitigno Asprinio
  • => 11% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Spumante Bianco dalla spuma fine e persistente, colore giallo paglierino più o meno intenso, profumo fine, fragrante, caratteristico e sapore secco, fresco, caratteristico.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da-a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOC Aversa

L'area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Aversa è situata in una pianura geologicamente omogenea posta a Nord dei campi Flegrei tra Orta di Atella ad Est, Casal di Principe a Nord, Villa Literno ad Ovest e Qualiano a Sud.

La Zona di Produzione del Vino DOC Aversa è localizzata in:

  • provincia di Caserta, il territorio dei comuni di Aversa, Carinaro, Casal di Principe, Casaluce, Casapesenna, Cesa, Frignano, Gricignano di Aversa, Lusciano, Orta di Atella, Parete, San Cipriano d’Aversa, San Marcellino, Sant’Arpino, Succivo, Teverola, Trentola – Ducenta, Villa di Briano e Villa Literno;
  • provincia di Napoli, il territorio dei comuni di Giugliano, Qualiano e Sant’Antimo.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOC Aversa

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione dei Vini DOC Aversa prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino DOC Aversa non dovrà essere superiore al 70%; nel caso tali parametri venissero superati, l'eccedenza non potrà avere diritto alla DOC, ma potrà essere riclassificata nelle tipologie Vini da Tavola o IGT.

4. Produttori di Vino DOC Aversa

Con l’utilizzo della DOC Aversa i Produttori Vinicoli Campani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOC Aversa

Piatti a base di pesce: zuppe alla marinara, ostriche, crostacei e pizza. Fritti tipici della cucina campana: alici fritte, piccole anguille fritte, rane fritte, nonchè mozzarella di bufala in carrozza, primi piatti al sugo di pesce senza pomodoro.


6. Storia e Letteratura del Vino DOC Aversa

Secondo alcuni ampelografi in Puglia il vitigno riceverebbe il nome di “Olivese”, “Ragusano” e “Ragusano bianco”. Nelle aree aversane, maddalonese e casertana, invece, è ricorrente la denominazione di “Asprinio” – “Asprino” – “Uva Asprinia”. Più consona risulta, comunque, la terminologia di “Asprinio di Aversa”, la cui codificazione è ormai accettata dagli operatori agricoli dagli Enti locali preposti alla tutela ed alla valorizzazione della produzione viticola.

Secondo Giampaglia, il vitigno Asprinio deriverebbe dalla “tribù dei Pinot” e sarebbe stato introdotto nel Napoletano nel secolo scorso durante la dominazione francese. A sostegno di questa ipotesi vale la considerazione avallata dagli stessi agricoltori, secondo i quali, nel passato, l’uva asprinia veniva acquistata da commercianti francesi e ungheresi, per poi utilizzarla nella preparazione di vino spumante.

Altri sostengono che il vitigno in parola derivi direttamente dal “Greco” e ciò verrebbe confermato da quanto scriveva, nel 1804, Nicola Columella Onorati che elencando le principali varietà di uva che si coltivano nell’agro alifano, cosi si esprimeva: “L’uva asprinia, della quale varietà di uva bianca si fa il Greco in buona parte in Campania è conosciuta sotto il nome di Asprinio di Aversa”. Ma gli stessi cultori dell’epoca non sembrano condividere tali affermazioni, perché le differenze morfologiche tra “Greco” ed “Asprinio” risulterebbero tali da non lasciare alcun dubbio.

Secondo notizie tramandate da Sante Lancerio, cantiniere di S.S. Papa Paolo III Farnese, la coltura del vitigno risalirebbe agli inizi del ‘500, cioè in un’epoca anteriore alla dominazione francese. Infatti, ne “I Viaggi di Papa Paolo III”, il Lancerio dice che S.S. usava l’Asprinio come bevanda dissetante servendosene prima di coricarsi. Lo stesso autore facendo le lodi a questo vino “diuretico” dice che il migliore è quello di Aversa, apprezzato dai commercianti perché “li cortigiani et cortigiane corrono volentieri alla foglietta” (la “foglietta” è una misura di capacità del vino, circa mezzo litro).

Anche la tradizione popolare vuole far risalire la coltivazione dell’Asprinio nella zona ai primi del ‘500. Si vuole, ma senza alcuna prova storica, che Luigi XII di Valais, Re di Francia detto “Padre del Popolo” (nato a Blais 1462 – morto a Parigi 1515), disceso nella penisola italiana all’inizio del 1500 ed impadronitosi prima del Ducato di Milano e quindi del Regno di Napoli che, poi, dovette cedere agli Spagnoli (1504), importasse dalla Francia una certa quantità di vitigni che, avendoli fatti mettere a sito nelle terre del Casertano, ne ottenne l’Asprinio.

A convalidare l’antichità di questo gradevole prodotto enologico va ricordato che da un “Assisa del vino” in data 15 febbraio 1640 risulta che il prezzo dell’Asprinio era di denari nove la caraffa, (la “caraffa” equivalente a trentatre once di liquido, poco meno di un litro). Questo tipico prodotto partenopeo che, forse, aveva in un certo qual modo colpito l’attenzione della moglie del Re Gioacchino Murat, portò la Regina Carolina a scrivere in una lettera: “Questa e la terra promessa, nella campagna si vedono festoni di viti attaccati agli alberi con sparsi grappoli di uva assai più belli di quelli che gli Ebrei portarono a Mosè.

Spero che quanto ti dico ti ispiri il desiderio di venire a vedere questo paese, vale la pena di fare cinquecento leghe per vederlo.” Non si può escludere che la principessa napoleonica fosse stata attratta proprio dal vitigno Asprinio allevato secondo il sistema classico ad alberata, detto anche “Sistema Aversano”. E poiché, se è vero, che tutto torna alle origini giova ricordare che dall’Asprinio si ottennero i primi spumanti secchi che, prodotti con le più pregiate uve dei Siti Reali dell’aversano, trovarono favorevole accoglienza nella vicina Francia.

Pare che lo stesso Garibaldi lo abbia apprezzato in una rustica colazione dopo la battaglia del Volturno. Diversamente dagli altri il Redi evidenzia , con un certo dispregio, la caratteristica acidità del Vini Asprinio, definendolo “bevanda agreste”: ma, ricorda il Monelli, forse per ripicca a seguito di contrasti con l’Avvocato napoletano Francesco d’Andrea.

Rendella, a sua volta, riferisce di un vino Asprinio facile a digerirsi, ma poco serbevole per cui ne consiglia il consumo prima dei forti calori estivi, raccomandandone la conservazione in grotte scavate nel tufo a profondità di 15-20 metri, affinché la temperatura si mantenga costantemente bassa.

In queste cantine, tutt’ora esistenti, il vino si conserva bene e si presenta frizzante a causa dell’anidride carbonica che si svolge dalla fermentazione lenta che, favorita dall’ambiente fresco, si dissolve facilmente nella massa.

Da rilevare, la testimonianza di Vincenzo Sammola, secondo il quale il maggior consumo di vino a Napoli era appannaggio del tipo rosso mentre “solo nell’estate avanzata” la preferenza era accordata al vino bianco “Asprinio di Aversa”.

Nel 1839 nel suo “Corricolo”, interessante tra l’altro per una classificazione delle pizze d’epoca, Alessandro Dumas, definì l'Asprinio come l’unico vino capace di andar bene con la pizza e gli spaghetti. Il Bruno Bruno, invece lo definisce atto su lucci e anguille, riportando un giudizio di Veronelli, che è rimasto affascinato dall’Asprinio di Aversa: “Quando l’ho bevuto, mi sono emozionato. Ero in campagna da un contadino, dalle parti di Aversa, e quell’ Asprinio era eccezionalmente buono. Ben lavorato, fragile, elegante. Quello che mi fa rabbia è la consapevolezza di non poterlo ritrovare.

L’Asprinio di Aversa sarebbe un vino splendido se venisse valorizzato”. È questo è l’obiettivo che si prefigge la proposta di conferimento della Denominazione di Origine Protetta per il vino “Asprinio di Aversa”, dare dignità ed un futuro ad un vino di grande pregio e tradizione.

La DOC Aversa è stata riconosciuta con Decreto ministeriale del 31 luglio 1993.

TAURASI DOCG

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 26.03.1970, G.U. 129 del 25.05.1970 - Approvato DOCG con D.M. 11.03.1993, G.U. 72 del 27.03.1993

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Taurasi D.O.C.G.

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Taurasi”, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Rosso
  2. Rosso Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Taurasi

 

  • Taurasi Rosso (Vino Rosso)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Aglianico
  • =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Avellino
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rubino intenso tendente al granato fino ad acquistare riflessi arancioni con l’invecchiamento, odore caratteristico, etereo, gradevole più o meno intenso e dal sapore asciutto, pieno, armonico, equilibrato, con retrogusto persistente.

  • Taurasi Rosso Riserva (Vino Rosso Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Aglianico
  • =< 15% Vitigni a bacca nera idonei alla coltivazione nella provincia di Avellino
  • => 12,5% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Rosso dal colore rubino intenso tendente al granato fino ad acquistare riflessi arancioni con l’invecchiamento, odore caratteristico, etereo, gradevole più o meno intenso e dal sapore asciutto, pieno, armonico, equilibrato, con retrogusto persistente.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Taurasi

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati ad Sud-Est/Sud-Ovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento equilibrato di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Taurasi è localizzata in: 

  • provincia di Avellino e comprende il territorio dei comuni di Taurasi, Bonito, Castelfranci, Castelvetere sul Calore, Fontanarosa, Lapio, Luogosano, Mirabella Eclano, Montefalcione, Montemarano, Montemileto, Paternopoli, Pietradefusi, Sant’Angelo all’Esca, San Mango sul Calore, Torre le Nocelle e Venticano.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Taurasi

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione dei Vini DOCG Taurasi prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima delle uve in vino non deve essere superiore al 70% al primo travaso e non dovrà superare il 65% dopo il periodo di invecchiamento obbligatorio.
  • Il vino Taurasi Rosso deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno tre anni di cui almeno uno in botti di legno.
  • Il vino Taurasi Rosso Riserva deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno quattro anni, di cui almeno diciotto mesi in botti di legno.
  • È consentita l’aggiunta, a scopo migliorativo, di vino Taurasi "più giovane" a identico Taurasi "più vecchio", o viceversa, nella misura massima del 15%.

4. Produttori di Vino DOCG Taurasi

Con l’utilizzo della DOCG Taurasi i Produttori Vinicoli Campani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Taurasi

Lasagna napoletana, Agnello al forno con patate. Il Rosso Riserva si abbina carni rosse e scure, arrosti e formaggi pecorini stagionati e piccanti.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Taurasi

L’Aglianico di Taurasi, vitigno antichissimo, probabilmente originario della Grecia viene introdotto in Italia intorno al VII-VI secolo a.C.. Non ci sono certezze sulle origini del nome, che potrebbero risalire all’antica città di Elea (Eleanico), sulla costa tirrenica della Lucania, o essere più semplicemente una storpiatura della parola Ellenico secondo cui il nome originario (Elleanico o Ellenico) divenne Aglianico durante la dominazione aragonese nel corso del XV secolo, a causa della doppia l pronunciata "gli" nell’uso fonetico spagnolo.

Il nome del vino trae origine dalla storica e antica l’arx Taurasia, una delle ventuno città-campagna fondate dagli irpini, popolazione federata ai sanniti. L’arx non è una vera e propria città, poiché è esclusivamente sede del mercato, sito deputato all’amministrazione della giustizia, alla celebrazione dei sacrifici, luogo di raduno in tempo di pace e di ricovero dalle offese nemiche in caso di guerra, gli abitanti, invece, vivono sparsi nel territorio circostante, raggruppati nei vici e nei pagi, cui corrispondono le attuali frazioni e i casali, collegati mediante numerose strade, che popolano le colline del Calore e che sono, ancor’oggi, attuale area produttiva del Taurasi.

Taurasi è fulcro di avvenimenti storici significativi, distrutta e ricostruita più volte nel corso della sua storia. Sarà distrutta dai Romani nel 268 a.C e qui e nei circostanti Campi Taurasini (“Ager Taurasinus”), nel II secolo a.C.. i romani deportano i liguri apuani – popolazione di stirpe celtica - che qui, trovando zone molto fertili, riprendono la coltivazione dei campi e della vite cosiddetta “greca” largamente coltivata dalle popolazioni native annientate. Nel 42 a.C., dopo la battaglia di Filippi in Macedonia, il territorio di Taurasia è assegnato ai soldati romani veterani che vinificano la “vitis ellenica” da loro portata dalla Macedonia.

Sotto Augusto, dopo che le terre dei campi taurasini erano state distribuite a schiere di veterani, sono realizzate una serie di opere civiche e intensificata la rete stradale, per assicurare sicurezza e fornire nuovo impulso all’agricoltura. Le popolazioni Irpine ritornano a dedicarsi all’agricoltura e alle industrie e Taurasi diviene un importante centro agricolo - produttivo assumendo, come testimoniano Tito Livio, Plinio il Vecchio, Strabone o Cluverio, un ruolo strategico economico-militare di primaria importanza. ubicata quasi al centro dell’altipiano irpino individuato a oriente da Aeclanum, a nord da Cluvia (Fulsula – odierna Montefusco), a nord-est da Maleventum, a sud-est da Aquilonia, Romules e Trivicum e posta a 1,5 km circa dalla sponda destra del fiume Calore. Questa area, tutt’oggi, è l’immutata area dei Campi Taurasini e corrisponde all’area produttiva del vino Taurasi.

Testimonianza storico-letterarie sulla presenza della vite e, in particolar modo, del vitigno Aglianico nell’attuale area produttiva del Taurasi è data da Tito Livio, nel suo Ab Urbe Condita, che descrive una “Taurasia dalle vigne opime” fornitrice di ottimo vino per l’Impero,dove si allevava la vite Greca o Ellenica. Risale al 1167 d.C. il primo documento, a oggi, conosciuto nel quale è citato che la vite coltivata in Taurasi viene chiamata dagli Spagnoli “Aglianica”; e furono gli spagnoli che, a causa della loro pronuncia, trasformarono il nome della vite Ellanico o Ellanico in Aglianico. Nel 1898 lo Strafforello scrive: ”Nelle buone annate il vino è assai copioso e molto se ne esporta nelle province limitrofe, principalmente col nomi di vino “Taurasio” ed altri. Il migliore si raccoglie nei Comuni di Taurasi”. La rinascita moderna del Taurasi fa data al XIX secolo, quando i vini Irpini diventano il supporto e la salvezza per i tanti produttori di vino del nord Italia e Francia, i cui vigneti erano stati distrutti dal flagello fillosserico. A Taurasi la “Ferrovia del vino” era così chiamata a causa della gran quantità di vino che partiva dallo scalo verso il Nord del paese e soprattutto Bordeaux.

Alla fine del secolo scorso, nel 1878, la lungimiranza e la grande cultura di Francesco De Sanctis avevano portato alla costituzione dell’Istituto Agrario di Avellino ad indirizzo Enologico e questa scelta ha fatto si che la straordinaria potenzialità varietale e tecnologica non andasse perduta, ma salvaguardata e valorizzata e a tutt’oggi l’Istituto sforna esperti agronomi ed enologi, i quali, innestando, potando, solforando le viti e vinificando personalmente, hanno salvaguardato un patrimonio ampelografico che ancora oggi resta quasi sconosciuto. La vite divenne in Irpinia la più importante fonte di ricchezza della porvincia (A. Valente) e occupava 63.000 ettari di cui oltre 2000 in coltura specializzata (F. Madaluni 1929). Nel 1934, A.Iannaccone nei “Vini dell’Avellinese”: “appare evidente che l’industria vinicola rappresenta un’attività agraria d’importanza grandissima da cui ripente la floridezza economica di numerosi paesi della provincia”.

Nel 1970, il Catasto Viticolo, dopo la distruzione fillosserica ,una guerra mondiale e la ricostruzione, conferma che gli ettari di Aglianico impiantati in Irpinia e in prevalenza nell’agro Taurasino ammontino ad oltre 4.80 in coltura specializzata e circa 1800 in coltura consociata. Nello stesso periodo però, con una presa di coscienza che imprime una svolta epocale alla produzione viticola Irpina, cominciano a sorgere le prime cantine di imbottigliamento, che nel corso degli anni hanno portato in giro per il mondo la qualità e la grande tipicità dell’uva Aglianico.

GRECO DI TUFO DOCG

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 26.03.1970, G.U. 130 del 26.05.1970 - Approvato DOCG con D.M. 18.07.2003, G.U. 180 del 05.08.2003

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche introdotte dal D.M. 07.03.2014


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Greco di Tufo D.O.C.G. 

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo”, è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

  1. Bianco
  2. Spumante

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Greco di Tufo

 

  • Greco di Tufo Bianco (Vino Bianco)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Greco bianco
  • =< 15% Vitigno Coda di Volpe bianca
  • => 11,50% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal colore giallo paglierino più o meno intenso, odore gradevole, intenso, fine, caratteristico e dal sapore fresco, secco e armonico.

  • Greco di Tufo Spumante (Vino Bianco Spumante)
  • Versioni: Spumante Extra-brut /Brut
  • => 85% Vitigno Greco bianco
  • =< 15% Vitigno Coda di Volpe bianca
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco Spumante dalla spuma fine e persistente, colore giallo paglierino più o meno intenso con riflessi verdognoli o dorati, odore caratteristico, gradevole, con delicato sentore di lievito e dal sapore sapido, fine e armonico, del tipo "extrabrut" o del tipo "brut".

2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Greco di Tufo

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati ad Sud-Est/Sud-Ovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento equilibrato di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Greco di Tufo è localizzata in:

  • provincia di Avellino e comprende il territorio dei comuni di Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni.

3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Greco di Tufo

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione dei Vini DOCG Greco di Tufo prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.
  • Il vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Greco di Tufo” può essere elaborato nella tipologia "Spumante" con il metodo della rifermentazione in bottiglia (metodo classico) purché affinato per almeno 36 mesi in bottiglia.

4. Produttori di Vino DOCG Greco di Tufo

Con l’utilizzo della DOCG Greco di Tufo i Produttori Vinicoli Campani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Greco di Tufo

Crostacei bolliti, risotto ai funghi porcini, dentice al rosmarino e olio di oliva, sformati di verdura e formaggi giovani e molli. La versione Spumante, vivace e delicata, accompagna i primi piatti più ricercati della cucina marinara: dalle aragoste alla cardinale, al baccalà alla napoletana, pesci alla griglia e calamari in umido.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Greco di Tufo

La viticoltura nell’area di produzione del Greco di Tufo ha origini antichissime che risalgono alle popolazioni locali e successivamente all’arrivo di colonizzatori greco–micenei i quali diedero primo impulso alla millenaria coltivazione della vite nell’antico Sabazios, poi ripresa dagli etruschi.

Il vitigno più antico dell'Avellinese è senza dubbio il Greco di Tufo, da cui si ricava l'omonimo vino, importato dalla regione greca della Tessaglia, dai Pelagi. La conferma dell'origine millenaria di questa vite è data dal ritrovamento a Pompei di un affresco risalente al I secolo a.C. dove si menziona esplicitamente il "vino Greco".

La coltivazione del vitigno Greco fu diffusa all'inizio sulle pendici del Vesuvio e successivamente in altre zone della in provincia di Avellino, dove prese il nome di Greco di Tufo. Il suo nome “Greco” ci dichiara apertamente le origini geografiche e storiche, in principio era chiamato Aminea Gemina: Aristotele riteneva che il vitigno delle Aminee arrivasse dalla Tessaglia, terra di origine degli Aminei, popolo che colonizzò la costa napoletana ed impiantò questo pregiato vitigno sui pendii fertili del Vesuvio. Ne testimonia la remota presenza sul vulcano un affresco ritrovato nell’antica Pompei risalente al I secolo a.c., dove viene chiaramente nominato il vino “greco”. Plinio il Vecchio invece ne conferma il pregio scrivendo “ In verità il vino Greco era così pregiato che nei banchetti veniva versato una sola volta”.

Nel corso del tempo, l’antico popolo ellenico si spinse verso l’interno della Campania e l’Aminea Gemina (gemina sta per gemella in quanto produceva numerosi grappoli doppi) raggiunse l’ Irpinia, zona notoriamente vocata per la produzione di vini di qualità. Scrittori come Catone, Varrone, Virgilio, Plinio e Columella lodavano la fertilità di queste viti che si distinguevano non solo per la qualità del prodotto ma anche per la costanza di produzione, tanto che, si legge in Columella, da un pergolato, pare, si potessero ottenere cinquanta litri di vino per ciascun ceppo. Lo stesso autore vissuto all’inizio dell’era cristiana, proprietario e coltivatore, descrisse cinquanta vitigni e fra questi dette maggior risalto alle viti Aminee che annoverò tra le più produttive.

FIANO DI AVELLINO DOCG

Vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita - Approvato DOC con D.P.R. 27.04.1978, G.U. 241 del 29.08.1978 - Approvato DOCG con D.M. 18.07.2003, G.U. 180 del 05.08.2003

Denominazione aggiornata con le ultime modifiche riportate in G.U. n. 298 del 16.12.2021


--- Confine regionale    --- Confine provinciale  ♦ Zona di produzione

 


Vino Fiano di Avellino D.O.C.G.

La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Fiano di Avellino”, è riservata al vino bianco che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione per la seguente tipologia:

  1. Fiano di Avellino
  2. Fiano di Avellino Riserva
  3. Fiano di Avellino Spumante
  4. Fiano di Avellino Spumante Riserva

1. Tipologie e Uve del Vino DOCG Fiano di Avellino

 

  • Fiano di Avellino (Vino Bianco)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Fiano
  • =< 15% Vitigni Greco Bianco, Coda di Volpe Bianco e Trebbiano toscano Bianco da soli o congiuntamente
  • => 11,5% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco dal Colore giallo paglierino più o meno intenso; Odore gradevole, intenso, fine, caratteristico; Sapore fresco e armonico.

  • Fiano di Avellino Riserva (Vino Bianco Invecchiato)
  • Versioni: Secco
  • => 85% Vitigno Fiano
  • =< 15% Vitigni Greco Bianco, Coda di Volpe Bianco e Trebbiano toscano Bianco da soli o congiuntamente
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco Riserva, dal Colore giallo paglierino più o meno intenso; Odore gradevole, intenso, fine; Sapore secco, fresco, armonico.

  • Fiano di Avellino Spumante (Vino Bianco Spumante)
  • Versioni: Pas-dosè /Brut-nature /Extra-brut /Brut /Extra-dry /Dry /Demi-sec /Doux
  • => 85% Vitigno Fiano
  • =< 15% Vitigni Greco Bianco, Coda di Volpe Bianco e Trebbiano toscano Bianco da soli o congiuntamente
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco Spumante, dalla Spuma fine e persistente; Colore giallo paglierino più o meno intenso con riflessi verdognoli, Odore caratteristico, gradevole, con delicato sentore di lievito; Sapore fine e armonico, da dosaggio zero a dolce.

  • Fiano di Avellino Spumante Riserva (Vino Bianco Spumante Invecchiato)
  • Versioni: Pas-dosè /Brut-nature /Extra-brut /Brut /Extra-dry /Dry /Demi-sec /Doux
  • => 85% Vitigno Fiano
  • =< 15% Vitigni Greco Bianco, Coda di Volpe Bianco e Trebbiano toscano Bianco da soli o congiuntamente
  • => 12% Vol. Titolo alcolometrico
  • Vino Bianco Spumante Riserva, dalla Spuma fine e persistente, Colore giallo paglierino più o meno intenso; Odore caratteristico, gradevole, con delicato sentore di lievito; Sappore fine e armonico, da dosaggio zero a dolce.

__________

(Legenda simboli: > maggiore di; < minore di; >< da a; = uguale a; => uguale o maggiore di; =< uguale o minore di).


2. Territorio e Zona di produzione del Vino DOCG Fiano di Avellino

L’orografia collinare del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati ad Sud-Est/Sud-Ovest, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento equilibrato di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta. Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una viticoltura di qualità. La tradizione viticola di questa area ha radici profonde e consolidate da un notevole e continuo apporto tecnico scientifico e da un impegno esemplare dei produttori che, con costanti risultati colturali e tecnologici di rilievo, hanno contribuito a migliorare la qualità e a diffondere ed a far affermare i vini Fiano di Avellino sui mercati nazionali e internazionali.

La Zona di Produzione del Vino DOCG Fiano di Avellino è localizzata in:

  • provincia di Avellino e comprende il territorio dei comuni di Avellino, Lapio, Atripalda, Cesinali, Aiello del Sabato, S. Stefano del Sole, Sorbo Serpico, Salza Irpina, Parolise, S. Potito Ultra, Candida, Manocalzati, Pratola Serra, Montefredane, Grottolella, Capriglia Irpina, S. Angelo a Scala, Summonte, Mercogliano, Forino, Contrada, Monteforte Irpino, Ospedaletto D'Alpinolo, Montefalcione, Santa Lucia di Serino e San Michele di Serino.

Per il Vino DOCG Fiano di Avellino si individuano 4 "Terroir" di elezione dove le caratteristiche varietali del vitigno Fiano si esprimono, seguendo un comune filo conduttore, con accenti e sfumature peculiari a seconda di altimetria, esposizioni e composizione dei terreni.

1) Lapio: si ottengono vini ricchi di struttura in grado di esprimere doti non comuni di acidità e mineralità. La spiccata connotazione aromatica, poi, fa sì che i vini Fiano di Avellino ottenuti in queste zone assomiglino non di rado a veri e propri vini di montagna.

2) Summonte: terreni difficili da lavorare, tuttavia i vini offrono concentrazione e potenza con notevole corredo fruttato e poco minerale.

3) Montefredane: collina arigllosa e cretosa che esalta le note minerali che caratterizzano vini di ottima longevità ormai dimostrata.

4) Fascia collinare ad est di Avellino: non può identificarsi con un solo comune essendo numerosi i centri interessati alla produzione. Qui i terreni sabbiosi regalano note tipiche di nocciola tostata che richiamano un carattere affumicato di origine non minerale. 


3. Vinificazione e Affinamento del Vino DOCG Fiano di Avellino

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione dei Vini DOCG Fiano di Avellino prevedono, tra l'altro, che:

  • La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore al 70%.
  • L'arricchimento dei mosti o dei vini aventi diritto alla denominazione di origine controllata e garantita Fiano di Avellino deve essere effettuato alle condizioni stabilite dalle norme comunitarie e nazionali.

4. Produttori di Vino DOCG Fiano di Avellino

Con l’utilizzo della DOCG Fiano di Avellino i Produttori Vinicoli Campani sono orgogliosi di presentare al consumatore un Vino di qualità che ha più cose da raccontare rispetto ad altri: da dove proviene, come viene lavorato, le origini storiche, le caratteristiche e le peculiarità che lo identificano in un territorio ben definito, soprattutto durante la Visita alle Cantine che operano nell'ambito di questa denominazione.


5. Abbinamenti gastronomici con il Vino DOCG Fiano di Avellino

Crostacei alla griglia, scampi salsati, polpo alla napoletana, primi piatti al sugo di pesce e verdure, pesci di mare pregiati al forno, filetti di rombo al vino con tartufo bianco, formaggi giovani.

Il Fiano di Avellino rappresenta la punta di diamante dell'enologia bianca meridionale: acidità e finezza sono le due caratteristiche che lo rendono appetibile per la grande massa dei consumatori mentre gli appassionati lo apprezzano per la sua incredibile propensione all'invecchiamento.


6. Storia e Letteratura del Vino DOCG Fiano di Avellino

La viticoltura nell’area di produzione del Fiano di Avellino ha origini antichissime che risalgono alle popolazioni locali e successivamente all’arrivo di colonizzatori romani i quali diedero primo impulso alla millenaria coltivazione della vite nell’antico Sabazios e delle popolazioni native locali. Antico vitigno meridionale, la cui coltivazione risale all’epoca romana. Si ritiene originario della zona di Lapio, sulle colline ad est di Avellino anticamente chiamata Apia.

II frate Scipione Bella Bona, nel 1642, nei suoi "Raguagli della città di Avellino", scriveva: "In detti tempi in tre luoghi tre Castelli per difesa della lor città teneuano I'Auellinesi, uno doue è hora Monteforte; onde fu poi edificata la terra, e quasi da quei primi secoli di pace: l'altro nel Monte chiamato Serpico, doue parimente furono fatti edifici, e fatta Terra da per sé, nelli suoi tenimenti edificati S. Stefano, e Sorbo, come si disse; ed il terzo, cue è ora I'Apia, vicino al Monastero di S. Maria dell'Angioli nel luogo detto gli Mormori.

In quel luogo, e quasi in tutto il territorio d'Avellino si produceva il vino detto Apiano, do' Gentili Scrittori lodato, e tanto in detto luogo, quanto in questa Città sin hora vi si produce, e per corrotta fauella chamato Afiano, e Fiano; il nome d'Apiano, dall'Ape, che se mangianolluve, gli fu dato".

Così il termine "Fiano" deriverebbe da "Apiana", uva già conosciuta e decantata dai poeti latini. Tale termine avrebbe subito modificazioni nel tempo, trasformandosi in "Apiano" prima, "Afianti" poi e, successivamente, "Fiano".

Fonti fanno risalire l’origine del termine "Apiano" dall'area agricola "Apia", l’odierna Lapio; come pure si fa rilevare che la parola "Apiano" può derivare da "Api", tenendo conto della facilità con cui le api, attratte dalla dolcezza degli acini, attaccano il grappolo. Se l'antica Lapio era il principale centro di produzione, Montefusco rappresentava il mercato più importante, in quanto era capitale del Principato UItra ed era direttamente interessato alla costruzione della via che unisce la Puglia alla Campania.

Una conferma risale al 5 novembre 1592 in una nota indirizzata al Capitano di Montefusco: "L'Università ha ottenuto Regio Assenso su la gabella del vino per far pagare carlini 4 per ogni soma che entra nella terra. Ora molti particolari di Lapio portano il vino, ma non vogliono pagare perché dicono di venderlo al minuto.

II Capitano li costringa al pagamento, non siano molestati per l'acquata da essi ottenuta aggiungendo acqua alle vinacce non del tutto premute, da servire per uso di famiglia; su questa non è imposta gabella alcuna". Anche nella prima metà del XII secolo il vino Fiano era già molto apprezzato. Infatti nel registro di Federico II, nell’epoca in cui fu a Foggia, c’è un passaggio in cui vengono riportati gli ordini per l’acquisizione di tre carichi di vini: il Greco e il Fiano.

Documenti risalenti al XIII secolo, fanno rilevare l'ordine impartito da re Carlo II d'Angiò al proprio commissario, Guglielmo dei Fisoni, di trovare 1600 viti di fiano da spedire a Manfredonia, al fine di piantarle nelle proprie tenute.

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